El Trinche Carlovich: poesia e calcio

di Alessandro Claudio Giordano

Cesar Luis Menotti lo ricorda così… “Carlovich fu uno di quei ragazzi di quartiere che, da quando sono nati, hanno come unico giocattolo la palla. Tra lui e la palla c’era un rapporto molto forte.

La tecnica che aveva lo rendeva un giocatore completamente differente. Era impressionante vederlo accarezzare la palla, giocare, dribblare. Certamente durante la sua carriera non trovò riserve fisiche che si abbinassero a tutte le qualità tecniche che aveva. Inoltre, sfortunatamente, nemmeno ebbe qualcuno che lo guidasse o comprendesse. E’ un peccato, perché Carlovich era destinato ad essere uno dei giocatori più importanti del calcio argentino. Mi ricordo che lo vidi giocare in una selezione di Rosario contro la squadra argentina e fu il miglior uomo in campo. E dire che, tra i molti rivali, c’erano mostri come Miguel Brindisi. Vederlo era una delizia. Dopo non so cosa gli successe. Forse il calcio professionale lo annoiava.

A lui piaceva divertirsi e non si sentiva suo agio con nessun compromesso”. Da appassionato di calcio un po' romantico mi è piacciono i campioni difficili, tormentati e melanconici. Thomas Felipe Carlovich lo era un po' come lo è Rosario. Una città che seppur tra mille limiti e difetti, nessuno vorrebbe mai lasciare. Thomas era uno dei setti figli di un immigrato croato che sbarcava il lunario con tanto orgoglio, fatica ed umiltà. Il figlioletto si innamorò del pallone e nei campetti polverosi del barrio passava il tempo a calciare la palla. Con i compagni giocava spesso, ma qualche volta quando era solo cercava di ammaestrare il pallone che sembra talvolta essergli complice. Thomas non si allontanerà mai da Rosario, nonostante a più riprese più di un procuratore cercherà di avvicinarlo per convincerlo della bontà di un suo eventuale trasferimento nella capital federal. Un giorno la selezione argentina di passaggio per Rosario per uno stage ed amichevoli in vista del Mundial scese in campo contro una selezione di giocatori delle squadre cittadine. Alla fine del primo tempo Thomas snocciolando tutto il suo repertorio, e presa per mano la selezione locale la trascinò ad un parziale di tre a zero. Ed i campioni dell’albiceleste lasciarono il campo a testa bassa.  Lui stesso raccontava ... “La verità è che non avevo altra ambizione che quella di giocare a calcio. E soprattutto, non lontano dal mio quartiere, dalla mia vecchia casa, dai miei migliori amici. A chi mi domanda perché non sono arrivato chiedo: cosa significa arrivare? Io volevo solo giocare a pallone e stare con le persone che amo, e loro vivono tutte qui, a Rosario.”


Un suo ex compagno di squadra ci aiuta ad inquadrarne l’indole: “Si giocava una partita a Mendoza, e Carlovich non vedeva l’ora di tornarsene a Rosario. Se avesse giocato l’intera gara avrebbe perso il pullman, così alla fine del primo tempo si fece espellere e se ne tornò a casa.” El Trinche non ha mai giocato nella Serie A argentina, Era un campione unico meglio forse ancora del Pibe Maradona. Era la poesia del pallone..". El trinche con molta modestia affermava "..."Il più bel regalo che il calcio mi ha dato sono il Central Córdoba e l'Independiente Rivadavia. Io li definirei i due amori della mia vita. In entrambe le squadre ho giocato i migliori anni della mia carriera, che è durata in tutto 16 anni come professionista. Con il 'Charrúas' ho ottenuto due campionati di seconda divisione, nel 1973 e nel 1982. Gli amministratori del club mi hanno pagato un bonus speciale per i tunnel e un doppio bonus con un doppio tunnel. I tifosi di solito mi incoraggiavano dalla tribuna gridando cose come: 'Vai Trinche, fai un doppio tunnel'". Il 6 maggio 2020 Carlovich venne ricoverato in terapia intensiva dopo aver subito un colpo alla testa in seguito all'aggressione di un criminale che gli aveva rubato la bicicletta nella zona occidentale di Rosario, Santa Fe. Qualche giorno più tardi morirà a causa di un ictus e successivo coma in seguito ai colpi presi in  testa. Moriva così un uomo grande ed umile, un poeta del calcio.